Venceslao, Genova, Franchelli, 1717 (Il Venceslao)

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Piazza del real palazzo con veduta del fiume Vistula e della città di Cracovia con sbarco.
 
 ERNANDO con seguito de soldati e di schiavi, poi VENCESLAO, CASIMIRO ed ALESSANDRO
 
 ERNANDO
 
    Abbiam vinto, amico regno,
 n’è tuo frutto e gloria e pace.
 
    Il fellon superbo e fiero
 cadde estinto, in suol straniero
5insepolto il busto giace.
 
 O del regno polono,
 del Boristene algente alto monarca,
 già il superbo moldavo
 morde i tuoi ceppi; e ’l contumace Adrasto,
10de l’alme più rubelle
 grand’esempio e gran pena,
 da più colpi traffitto
 là su l’Istro confessa
 ne le aperte sue piaghe il suo delitto.
 VENCESLAO
15Le tue vittorie, Ernando,
 degne de la tua fama e son maggiori
 del poter nostro. Hai vinto;
 vieni, onde al sen ti stringa,
 o forte del mio regno,
20difesa e primo amor.
 CASIMIRO
                                         (Fremo di sdegno).
 ALESSANDRO
 Agli amplessi paterni, amico duce,
 un mio succeda.
 ERNANDO
                                 O sempre
 generoso Alessandro!
 VENCESLAO
 Casimiro, e tu solo
25al vincitor nieghi gli amplessi?
 CASIMIRO
                                                          Ernando
 ne’ tuoi reali amplessi ebbe anche i miei.
 ERNANDO
 Servo ti sono.
 CASIMIRO
                            (Anzi rival mi sei).
 VENCESLAO
 Sinor sterili applausi
 diedi al valor di Ernando. I suoi trionfi
30chiedono un maggior prezzo. Ei me lo additi.
 ERNANDO
 Gran re, tutto ti deggio.
 VENCESLAO
                                              Il tuo rispetto
 non dee lasciarmi ingrato.
 Chiedi.
 ERNANDO
                 Temo nel prezzo
 parer vil, non audace.
 VENCESLAO
35Vil non fia ciò che puote
 gli affetti meritar del tuo gran core.
 ERNANDO
 Ti arride amor; sol per te chiedo.
 ALESSANDRO
                                                              O amico.
 ERNANDO
 Dirò, poiché lo imponi,
 ma non senza rossor (non senza pena);
40tutto il premio ch’io cerco
 in sé rachiude un volto.
 CASIMIRO
 (Iniquo!)
 VENCESLAO
                     Ernando amante?
 ERNANDO
 Perdona. Amor sol diede
 più zelo al cor, più stimolo a la fede.
 VENCESLAO
45Favella.
 CASIMIRO
                  (Ah più nol soffro).
 ERNANDO
 L’amor, sire...
 CASIMIRO
                             Ammutisci,
 troppo altero vassallo.
 Frena il volo al tuo amore o nel tuo sangue
 ne ammorzerò le fiamme. Ama, là dove
50non offendi il tuo prence o, se sì audaci
 nutri gli affetti, ama soffrendo e taci.
 ERNANDO
 
    Se devo in seno ascondere
 la fiamma del mio cor,
 io non potrò resistere
55a l’aspro e rio dolor.
 
    E pur per non offenderti
 quest’anima sia vittima
 d’un infelice amor.
 
 SCENA II
 
 VENCESLAO, ALESSANDRO, CASIMIRO
 
 VENCESLAO
 Tu de l’amico Ernando
60siegui, Alessandro, le vestigia e digli
 che a tal grado alzerò la sua fortuna
 che non fia chi ’l sorpassi
 quaggiù, fuor che ’l suo re, fuor che gli dei.
 CASIMIRO
 E ch’ei tema, gli aggiugni,
65in qualunque destin gli sdegni miei.
 ALESSANDRO
 Tanto esporrò ma troppo altero sei.
 
    Ama sì ma sempre chiara
 sia la fiamma del tuo cor.
 
    Vapore oscuro
70d’ardor men puro
 toglie gloria e fa dolor.
 
 SCENA III
 
 VENCESLAO e CASIMIRO
 
 VENCESLAO
 Casimiro, cotesta
 tua superba fierezza
 vuol privar te d’un padre e me d’un figlio.
 CASIMIRO
75Del tuo poter, de la mia vita, o sire,
 usa a tuo grado, il soffrirò con questa
 che tu chiami fierezza ed è virtude.
 Ma che un basso vapore,
 che un mio servo, un Ernando
80mi sia rival, che mi contenda e usurpi
 il possesso d’un bene,
 nol soffrirò. Sento che m’empie un core
 forte a ceder la vita e non l’amore.
 VENCESLAO
 Vedrem ciò che far possa
85mio malgrado il tuo amor. Ma sappi intanto
 ch’un reo vassallo arma d’un re lo sdegno
 e che, prima che a te, fui padre al regno.
 
    Ai raggi d’un diadema,
 ch’è fulgido e seren,
90estingui nel tuo sen
 un tanto orgoglio.
 
    Son padre, è ver, ma sono
 ancor monarca e re
 e vuo’ frenar in te
95l’ardir dal soglio.
 
 SCENA IV
 
 CASIMIRO e GISMONDO
 
 GISMONDO
 Con avviso impensato,
 t’inchino, o prence.
 CASIMIRO
                                      O mio fedel Gismondo.
 GISMONDO
 Del lituano scettro
 l’illustre principessa...
 CASIMIRO
100Che fia?
 GISMONDO
                   Colei che amasti allor che fummo
 stranieri in quella corte...
 CASIMIRO
 Rimembranze noiose.
 GISMONDO
 Lucinda...
 CASIMIRO
                      È morta forse?
 GISMONDO
 Giunta è poc’anzi.
 CASIMIRO
                                    O dei! Lucinda?
 GISMONDO
                                                                    Io stesso
105la viddi in viril manto,
 mentito il sesso e co’ suoi fidi a canto.
 CASIMIRO
 Turbatrice odiosa
 de l’amor mio, costei sen viene e seco
 avrà la fé giurata,
110i promessi imenei,
 chiamerà nel suo pianto uomini e dei.
 GISMONDO
 E tu?
 CASIMIRO
              Che far poss’io?
 Gli affetti a lei dovuti
 mi ha rapiti Erenice.
 GISMONDO
115Vedi; ella viene.
 CASIMIRO
                                 Osserverò s’è dessa.
 GISMONDO
 (Misera principessa!)
 
 SCENA V
 
 LUCINDA da uomo con seguito e detti
 
 LUCINDA
 
    Quest’aura, che respira
 chi tanto il core adora,
 m’alletta e mi ristora
120e fa contento il cor.
 
 CASIMIRO
 (Purtroppo è dessa, o amico).
 LUCINDA
                                                        In quale oggetto
 vi affissate, o miei lumi?
 GISMONDO
 (Già ci osservò).
 CASIMIRO
                                 (Finger mi giovi).
 LUCINDA
                                                                    (O numi!)
 CASIMIRO
 Stranier, che tale a queste spoglie, a questi
125tuoi compagni o custodi a me rassembri,
 e qual da miglior cielo a l’Orse algenti
 forte cagion ti trasse?
 LUCINDA
 (Non mi ravvisa). A mia gran sorte ascrivo
 che dal ciel lituano
130qui giunto appena, ove portato ho il piede,
 te incontri, o eccelso prence.
 CASIMIRO
                                                      A te, che altrove
 giammai non viddi, ove fui noto e quando?
 LUCINDA
 In Lituania, ov’ebbi
 l’alto onor di inchinarti.
135(Ah quasi dissi il fier destin d’amarti).
 CASIMIRO
 Qual ti appelli?
 LUCINDA
                               Lucindo.
 CASIMIRO
 L’ufficio tuo?
 LUCINDA
                            Di segretario in grado
 a Lucinda servia.
 CASIMIRO
 Lucinda?
 LUCINDA
                     Sì, l’erede
140del lituano regno.
 CASIMIRO
 Tu con Lucinda?
 GISMONDO
                                 (O come è scaltra!)
 LUCINDA
                                                                      Io seco
 era il giorno primier che i lumi tuoi
 s’incontraro coi suoi.
 Giorno (ah giorno fatal!) che in voi s’accese
145scambievol fiamma; io seco
 allor che le giurasti eterno amore
 e sol fui testimon del suo rossore.
 (Fisso m’osserva). Omai
 ti dovria sovvenir che in bianco foglio
150la marital tua fede,
 me presente, segnasti e me presente
 si strinse il sacro nodo.
 Ti dovria sovvenir ch’entro a sei lune
 tornare a lei giurasti;
155pur due volte d’allora
 compì l’anno il suo corso e non tornasti.
 (Misera!) E non ancora
 ti sovvien qual io sia,
 io che fui testimon de le sue pene,
160de’ giuramenti tuoi?
 CASIMIRO
                                         Non mi sovviene.
 LUCINDA
 Non ti sovviene, ingrato...
 CASIMIRO
                                                 A chi favelli?
 LUCINDA
 Così m’impose il dirti
 la tua fedel Lucinda: «E se» mi aggiunse
 «e se nulla ottener puoi da quel cuore,
165fa’ ch’io ’l sappia, onde fine
 abbia con la mia vita il mio dolore».
 GISMONDO
 (A lagrimar m’astringe).
 CASIMIRO
 Fole mi narri.
 LUCINDA
                             (O son tradita o finge).
 CASIMIRO
 Ma dovunque tu venga
170e qualunque sii tu,
 parti, Lucindo, e non cercar di più.
 
    Lascia la calma al sen
 e all’alma il suo seren,
 del cor la bella pace
175così m’alletta e piace
 che mai turbar non vuo’.
 
    Partiti pur da me,
 volgi a Lucinda il piè
 e di’ che in questo petto
180per lei non ebbi affetto
 e amor per lei non ho.
 
 SCENA VI
 
 LUCINDA sola
 
 LUCINDA
 Che io non cerchi di più? Solo a tal fine
 mi partii dal mio regno;
 grado e sesso mentii, soffersi tanto.
185Vo’ saperlo e pur temo
 che il saperlo mi sia cagion di pianto.
 
    Aveva il caro
 vezzoso amante
 vago il sembiante,
190l’alma fedele,
 quando crudele
 partì da me.
 
    Or che lo trovo
 ancora è bello
195ma non è quello,
 perché nel core
 non ha più amore,
 non ha più fé.
 
 SCENA VII
 
 Atrio corrispondente agli apartamenti di Erenice.
 
 ERENICE, poi ALESSANDRO ed ERNANDO
 
 ERENICE
 Povero cor, tu palpiti
200presago del tuo duol.
 Taci Erenice. Il caro ben qui giunge
 e seco il duce, il solo
 testimonio fedel del nostro amore;
 brama sì di goder ma taci, o core.
 ERNANDO
205Bella Erenice.
 ERENICE
                             Invitto Ernando.
 ERNANDO
                                                              (O vista!)
 ERENICE
 A l’ombra de’ tuoi lauri
 la comun libertà posa sicura.
 ALESSANDRO
 E de’ tuoi rischi il nostro bene è l’opra.
 ERNANDO
 Se voi lieti non rendo,
210nulla oprai, nulla ottenni. Egli ha gran tempo
 che ardono del tuo bello, e ben tu ’l sai,
 Casimiro e Alessandro;
 questi, temendo il suo rival germano,
 nascose il fuoco e col mio labbro espose
215le sue fiamme amorose.
 L’odio di Casimiro,
 credutomi rival, tutto in me cadde
 e in me sol rispettò l’amor paterno.
 La Moldavia rubella
220m’esentò da la reggia. Io vinsi e ’l prezzo
 esser dovea Erenice,
 sol per render voi lieti (e me infelice).
 ERENICE
 Cor generoso!
 ALESSANDRO
                             E grande!
 ERNANDO
 Godea che a me tenuti
225foste di tanto. Casimiro allora
 fremé, s’oppose, minacciò. Compiacqui
 al suo furor, tolsi congedo e tacqui.
 ERENICE
 Perfido.
 ERNANDO
                  Or la dimora
 è commune periglio.
 ALESSANDRO
230Ma quale è il tuo consiglio?
 ERNANDO
 Ne la vicina notte
 datevi fé di sposi.
 ALESSANDRO
                                   E poi?
 ERNANDO
                                                  Riparo
 non avrà ’l fatto. Al mio consiglio, al nodo
 non disuguale il padre
235darà l’assenso, al mio rival germano
 sarà impotente ogni furore o vano.
 ALESSANDRO
 Me fortunato appieno,
 se tu v’assenti!
 ERENICE
                              Oh dio!
 ALESSANDRO
 Che paventi, Erenice?
 ERENICE
240Questo mio così tosto esser felice.
 ALESSANDRO
 Temi il mal, non il bene.
 ERENICE
 Offendo il grado mio.
 ALESSANDRO
                                          Prendi, mia vita,
 sposa mi sei. Ne l’atto sacro invoco
 l’amor, la fede, Ernando.
 ERENICE
245Ti cedo e sposa ecco t’abbraccio.
 ERNANDO
                                                            Parti,
 pria che ’l german qui ti sorprenda.
 ALESSANDRO
                                                                   Addio.
 Verrò cinto da l’ombre
 a darti il primo maritale amplesso.
 ERNANDO
 (Io fui del mio morir fabro a me stesso).
 
 SCENA VIII
 
 ERNANDO, ERENICE
 
 ERENICE
250Pace al regno recasti e gioie a noi,
 Ernando generoso.
 Ma tu così pensoso? E che t’affligge?
 ERNANDO
 Fede, amistade, amore il cor trafigge.
 
 SCENA IX
 
 CASIMIRO, GISMONDO e li sudetti
 
 ERENICE
 (Qual favellar?)
 CASIMIRO
                                Felici amanti, il mio
255importuno venir tosto non privi
 del piacer d’una vista i vostri lumi.
 ERENICE
 Se sai d’esser molesto, a che ne vieni?
 CASIMIRO
 Perché rispetti Ernando
 sugl’occhi d’Erenice un mio comando.
 ERNANDO
260Qual fia?
 GISMONDO
                    (Fra sé che pensa?)
 CASIMIRO
 Da lei che adori or prendi
 l’ultimo addio.
 ERNANDO
                              Perché?
 CASIMIRO
 Perché Ernando è vassallo ed io son re.
 ERNANDO
 L’amar beltà che tu pur ami, o prence,
265non è offesa al tuo grado,
 è omaggio che si rende al bel che piace.
 Ne l’amor mio son giusto e non audace.
 CASIMIRO
 E giusto anch’io sarò in punirti. A troppo
 tua baldanza s’inoltra.
 ERENICE
                                           E a troppo ancora
270ti trasporta il tuo sdegno.
 Partiti, o duce.
 ERNANDO
                              Addio, signor. Per poco
 tempra o sospendi almen l’odio mortale.
 Dentro al venturo giorno
 non sarò, qual mi credi, il tuo rivale.
 
 SCENA X
 
 CASIMIRO, ERENICE e GISMONDO
 
 GISMONDO
275Erenice offendesti.
 ERENICE
 Prence.
 CASIMIRO
                 Mia cara.
 ERENICE
                                     Anche per te sia questo
 l’ultimo addio che da Erenice or prendi.
 CASIMIRO
 Come?
 ERENICE
                 L’amor d’Ernando
 grave offesa è al tuo grado.
280L’amor di Casimiro
 più grave offesa è a l’onor mio.
 CASIMIRO
                                                          Perché?
 ERENICE
 Erenice è vassalla e tu sei re.
 GISMONDO
 (Si vendica di Ernando).
 CASIMIRO
 Tua beltade ha l’impero
285sul cor di Casimiro.
 ERENICE
                                       Il mio divieto
 dunque ti sia comando.
 CASIMIRO
 Questo è ’l tuo sol comando
 cui ubbidir non posso.
 ERENICE
 Che dunque brami?
 CASIMIRO
                                        Amore.
 ERENICE
290Questo è ’l tuo sol desio
 cui né ubbidir né compiacer poss’io.
 
    Non arde nel mio petto
 per te fiamma d’affetto,
 il cor che mi rapì
295troppo mi è caro.
 
    E tanto m’invaghì
 che a l’altrui folle ardor
 invece del mio amor
 odio preparo.
 
 SCENA XI
 
 CASIMIRO e GISMONDO
 
 CASIMIRO
300Amar puossi, Gismondo,
 beltà più ingiusta e più superba?
 GISMONDO
                                                               Prence,
 de l’ingrata Erenice
 si serve amor per gastigarti. Ei gode
 che tua pena ora sia l’altrui rigore.
 CASIMIRO
305Di qual fallo son reo?
 GISMONDO
                                         Lo sa il tuo core.
 CASIMIRO
 Che mai?
 GISMONDO
                     Spergiuri affetti,
 giuramenti negletti
 e promesse di amor vane e fallaci,
 Lucinda amata e poi tradita...
 CASIMIRO
                                                        Eh taci.
 
310   D’un volto che piace,
 ch’alletta il mio core
 e languire mi fa nell’ardore,
 sempre fido seguace sarò.
 
    E se vivo non porto nel petto
315quel primiero sì tenero affetto,
 il rimorso nell’alma non ho.
 
 SCENA XII
 
 Regio anfiteatro.
 
 VENCESLAO, CASIMIRO, ALESSANDRO, ERNANDO, seguito di popoli e soldati
 
 GISMONDO
 Gran re, quel che poc’anzi
 giunse alla reggia tua nunzio straniero
 chiede inchinarti.
 VENCESLAO
                                    Venga.
 CASIMIRO
                                                   (Ei fia Lucinda).
 
 SCENA XIII
 
 LUCINDA e detti
 
 LUCINDA
320Del sarmatico cielo inclito Giove,
 per cui la fredda Vistula è superba
 più dell’Istro e del Tebro,
 re, la cui minor gloria è la fortuna,
 quella, ch’estinto il genitor Gustavo
325di Lituania or regge
 le belle spiagge, il fertil suol, Lucinda,
 a te, la cui gran fama
 non v’è cui nota, o Venceslao, non sia,
 per alto affar me suo ministro invia.
 VENCESLAO
330Di sì illustre regina,
 la cui virtù sublime
 è fregio al debol sesso, invidia al forte,
 ch’io servir possa a’ cenni è mia gran sorte.
 CASIMIRO
 (O dei! Fia meglio allontanarmi).
 LUCINDA
                                                               Arresta,
335prencipe, i passi. A quanto
 dir mi riman, te vo’ presente.
 CASIMIRO
                                                        (O inciampo!)
 ERNANDO
 (Si turba).
 ALESSANDRO
                       (E impallidisce).
 CASIMIRO
 Costui, signor, mente l’ufficio e ’l grado.
 LUCINDA
 Io mentir, Casimiro?
340Questo che al re presento
 foglio fedel, questo dirà s’io mento.
 ERNANDO
 (Che sarà mai?)
 ALESSANDRO
                                 (Legge e minaccia).
 VENCESLAO
                                                                       (O note!)
 CASIMIRO
 (Nieghisi tutto a chi provar nol puote).
 VENCESLAO
 (Che lessi?) Ah figlio, figlio, opre son queste
345degne di te? Degne del sangue ond’esci?
 Tu cavaglier? Tu prence?
 CASIMIRO
 A che?
 VENCESLAO
                Prendi e rimira.
 Que’ caratteri impressi
 son di tua man? Li riconosci? Leggi;
350leggi pure a gran voce e del tuo errore
 dia principio alla pena il tuo rossore.
 CASIMIRO (Legge)
 «Per quanto ha di più sacro,
 il prence Casimiro a te promette
 la marital sua fede,
355a te, Lucinda, erede
 del regno lituano;
 e segna il cor ciò che dettò la mano».
 ERNANDO
 (Infido cor!)
 VENCESLAO
                          Leggesti? A qual difesa
 tua innocenza commetti?
 CASIMIRO
360Or ora il dissi. Un mentitore è questi,
 signor. Mentito è ’l grado,
 mentito il ministero. Io né giurai
 a Lucinda la fede
 né vergai questo foglio
365né promisi imenei
 né mai la viddi o pur ne intesi.
 LUCINDA
                                                           (O dei!)
 CASIMIRO
 E perché alcun della mendace accusa
 testimon più non resti,
 lacerato in più parti
370or te, foglio infedele, il piè calpesti.
 VENCESLAO
 Tant’osi?
 LUCINDA
                    Casimiro,
 mentitor me dicesti. In campo chiuso
 a singolar tenzone
 forte guerrier per nascita e per grado
375tuo egual, che meco io trassi
 da’ lituani lidi,
 per mia bocca or t’invita
 e tua pena sarà la tua mentita.
 CASIMIRO
 Il paragon de l’armi io non ricuso.
 LUCINDA
380Anzi che cada il sole,
 tu, re, il concedi.
 VENCESLAO
                                 Assento
 e spettatore io ne sarò.
 LUCINDA
                                            Ti aspetto
 colà al cimento.
 CASIMIRO
                               Ed io la sfida accetto.
 LUCINDA
 
    T’attendo in campo armato,
385mendace cavalier,
 ingrato amante.
 
    Colà decida il fato
 s’io sono menzogner,
 se tu incostante.
 
 SCENA XIV
 
 VENCESLAO, CASIMIRO, ALESSANDRO, ERNANDO
 
 VENCESLAO
390Al vicin giorno, Ernando,
 si rimetta l’onor de’ tuoi trionfi.
 ERNANDO
 Legge sia de’ miei voti il tuo volere.
 VENCESLAO
 E tu, figlio, t’accingi
 la tua innocenza a sostener ma sappi
395che mancano a chi è reo forti difese,
 che retaggio al fallir son le ruine
 e sempre infausto è de’ superbi il fine.
 
 SCENA XV
 
 ALESSANDRO solo
 
 ALESSANDRO
 Io no, da la mia bella
 rimproveri d’ingrato
400non udirò giammai,
 amante al par che amato
 sotto i vicini rai.
 De l’amorosa stella
 teco, o fida Erenice,
405m’unirà pure un imeneo felice.
 
    Notte amica degli amanti,
 vieni a far un di due cori;
 
    io t’aspetto col diletto
 con che aspetta ogni augelletto
410a’ suoi canti i primi albori.
 
 Fine dell’atto primo